Il prestigio non è un obiettivo è una conseguenza
Viviamo in un’epoca in cui l’apparenza spesso conta più della sostanza, e il bisogno di prestigio si è trasformato da semplice desiderio a vera e propria ossessione, viviamo in ginocchio. Non davanti a un ideale, né a un sogno, ma davanti al prestigio. L’idolo moderno. Il feticcio socialmente accettato.
Hai presente quella vocina nella testa che ti sussurra: “Sì ok, hai fatto una cosa fighissima, ma ora falla vedere a tutti sennò non conta”? Ecco, si chiama fame di prestigio. È un po’ come la fame nervosa: non ti serve davvero, ma non riesci a smettere.
Vuoi davvero sapere perché rincorri il prestigio? Perché hai paura di non contare un ca**!
Il prestigio non è solo fama o successo. È il riflesso della nostra identità in uno specchio collettivo. È l’applauso silenzioso di una folla invisibile che ci dice: “Sei importante”. E così rincorriamo titoli, status, followers, premi, posizioni. Non sempre perché ci appartengono davvero, ma perché ci danno voce in un mondo dove essere ignorati equivale a non esistere.
E’ la droga del secolo… Non ti serve per vivere. Ma ormai pensi che senza, non vali. Hai un lavoro decente? Non basta. Hai studiato? Bravino, ma chi ti conosce? Ti sei fatto il culo? Ok, ma quanti like hai? Benvenuto nel circo. Qui il valore è un filtro, il rispetto si misura in visualizzazioni e l’autostima dipende da chi ti guarda, non da chi sei.
Il prestigio è la medaglia che ci autoassegniamo per farci dire: “Ehi, guardate come sto vincendo nella vita!” (Anche se magari dentro stai solo urlando.)
Non basta essere competenti, onesti o intelligenti. Che noia… Il prestigio ti impone una sola regola: Mai smettere di impressionare! Se non ti vedono mentre lo fai, non è mai successo. La nuova filosofia è: “Posto, quindi esisto.” Il prestigio è l’arte di brillare anche quando la lampadina è fulminata, basta trovare l’angolazione giusta. Dipendiamo dallo sguardo, dal giudizio, dall’approvazione degli altri.
Ti trasforma in un mix tra influencer incompreso e stratega della reputazione. Ma dai, ammettilo: anche tu vuoi una fetta di applausi. Sì, anche tu. Anche noi. Anche i monaci zen probabilmente controllano ogni tanto se il loro TikTok di meditazione ha superato i 100k views. È umano. Il problema nasce quando confondiamo il prestigio con il valore. Quando iniziamo a pensare che se nessuno ci guarda, allora non valiamo niente.
Ci sono due tipi di persone: chi vuole sembrare importante, e chi vuole fare qualcosa di importante. Chi cerca fama, e chi cerca un senso. Chi pubblica tutto, e chi costruisce in silenzio. Indovina chi lascia davvero il segno?
La verità è che il prestigio è come l’ombra: ti segue solo se cammini nella tua direzione. Non devi rincorrerlo, devi andare avanti. Scegli la sostanza. Scegli l’eccellenza. Scegli il coraggio. E il prestigio arriverà. Perché il mondo riconosce chi fa sul serio.
Quando hai una visione, quando sai cosa vuoi costruire, non importa se non tutti ti capiscono. Le persone più vere non si sono mai fatte notare subito. Ma hanno fatto qualcosa che nessuno ha dimenticato.
Il prestigio è il premio, non la missione… E arriva dopo: dopo l’impegno, dopo le notti spese a provarci, dopo che hai scelto di non mollare quando nessuno ti guardava. Perché il vero prestigio nasce nel silenzio, non sotto i riflettori.
Non sei qui per piacere a tutti. Sei qui per lasciare il tuo segno. Ma solo se prima hai avuto il coraggio di costruire qualcosa che lo meriti non solo a livello tecnico, ma con l’azienda ti sei costruito con tanta fatica. Essere un imprenditore non deve spaventarti e non toglierà nulla, ne a te ne alla tua Scuola di danza.
Quindi Smettila di elemosinare attenzione. Crea valore. Sporca le mani. Fallisci. Rialzati. Fregatene se non ti vedono subito. Non devi piacere a tutti, devi essere tuo. Il prestigio vero è sapere chi sei quando nessuno ti sta guardando.
E ricordati è come il dessert: buono, goloso, instagrammabile. Ma non puoi viverci. Alla lunga, ti viene il diabete dell’anima. Quindi prenditelo pure ogni tanto, ma non campare di quello.
Meglio essere veri che virali.
Antonello